Storia della chiesa di san Giacomo
Tabelle esplicative nella chiesa
Nelle schede qui sotto potete trovare la storia della chiesa e della parrocchia, i testi delle tabelle esplicative situate in chiesa con annesse descrizioni varie di opere d’arte, altari e simili. I numeri delle schede si riferiscono alle tabelle.
CHIESA DI SAN GIACOMO APOSTOLO
Progetto: arch. Giuseppe Sforzi, 1848
Esecuzione: Innocenzo Turrini, 1849-1854
Consacrazione: 25 luglio 1854, vescovo Bartolomeo Legat
Parrocchia attivata il 25 luglio 1855
Il periodo di cent’anni che va dal 1756 al 1855 è estremamente importante per comprendere l’evoluzione della cura delle anime avvenuta a Trieste in concomitanza con i grossi mutamenti economici, sociali e urbanistici della città a seguito della politica dell’Imperatore Carlo VI e di sua figlia Maria Teresa d’Austria.
Agli inizi del Settecento, con l’istituzione del Porto Franco, molte persone provenienti dai territori dell’Impero e dal bacino orientale del Mediterraneo si trasferirono a Trieste e la città cominciò ad espandersi al di fuori dell’antica cinta muraria medievale, assumendo un aspetto cosmopolita grazie anche alla presenza di numerose comunità religiose non cattoliche.
In ambito cattolico si sentì la necessità di adeguare l’attività pastorale alle nuove esigenze della popolazione che andava crescendo, superando l’antica impostazione che assegnava la cura delle anime della città e del territorio circostante unicamente al Capitolo Cattedrale di San Giusto.
La graduale trasformazione della cura animarum della città ebbe inizio con la Risoluzione Sovrana del 26.12.1756, a seguito della quale il Vescovo Leopoldo Giuseppe Petazzi procedette l’1.4.1757 alla nomina di due Vicari Curati o Parrocchiali, il primo per la Città Vecchia con sede nella Cattedrale di San Giusto e il secondo per la Città Nuova o Teresiana con sede presso la Chiesa di S. Antonio Taumaturgo a partire dal 1769.
Il 18.6.1870, a seguito del Rescritto Sovrano del 15.3.1777, vennero installati i due nuovi parroci. Il primo per la Città Vecchia a Santa Maria Maggiore, il secondo per la Città Teresiana a S. Antonio Nuovo. L’ulteriore crescita della città con l’edificazione del Borgo Giuseppino e di quello Franceschino e la nascita del nuovo quartiere operaio di Rena Nuova sul colle di Chiarbola Superiore rendevano urgente l’erezione di nuove Parrocchie e Chiese per far fronte alle necessità spirituali di una popolazione in continuo aumento.
Nel 1846 fu istituita la parrocchia di S. Giusto, e nel 1847 quella della Beata Vergine del Soccorso.
Già nel 1841 iniziarono le trattative molto complesse per l’erezione nel rione di Rena Nuova di una Chiesa, che doveva poi diventare la sede della quinta Parrocchia delle sei previste per la città.
La Parrocchia di San Giacomo fu eretta il 25.7.1855 ad un anno esatto dalla consacrazione della Chiesa.
Le trattative tra l’autorità municipale, rappresentata dal Podestà Mu<io de Tommasini, e il Vescovo Bartolomeo Legat si protrassero fino al 1848 quando venne autorizzato l’acquisto dei terreni per la costruzione della tanto sospirata Chiesa.
La progettazione fu affidata al triestino Giuseppe Sforzi (1801-1883), ingegnere civile ed architetto accademico.
L’edificazione, affidata al costruttore Innocenzo Turrini, iniziò nel 1849; la pietra inaugurale fu deposta solennemente, a lavori già inoltrati, appena il 27.7.1851 sul sito destinato ad accogliere l’altare maggiore.
Durante i lavori di scavo furono rinvenuti numerosi reperti di epoca romana.
Nella notte tra il 22 e il 23.2.1852, a causa di un impetuoso vento di bora, crollò una parte della fabbrica e questo provocò degli inevitabili rallentamenti nell’erezione dell’edificio anche perché si dovettero adottare particolari soluzioni tecniche per renderlo più sicuro, come l’aggiunta di sei risalti alle navate laterali, già contemplati nel progetto primitivo, e la costruzione degli archivolti, rafforzati da grosse spranghe di ferro, per collegare le colonne ai muri laterali.
Superate queste difficoltà, la Chiesa venne ultimata nel 1854 e fu solennemente consacrata il 25.7 del medesimo anno dal vescovo Bartolomeo Legat e dedicata alla Beatissima Vergine Assunta in Cielo, all’Apostolo San Giacomo e al Martire triestino San Servolo.
L’intitolazione a San Giacomo voleva ricordare una cappella della Famiglia Giuliani esistente in zona fino al periodo dell’Imperatore Giuseppe II e dedicata ai Santi Giacomo e Rocco.
Il nuovo tempio ha una pianta basilicale a tre navate, separate da dodici colonne e quattro semicolonne a sezione ottagonale sormontate da capitelli a fogliami di stucco bianco, e si presenta all’interno molto ben proporzionato e armonioso. Edificato secondo l’eclettismo degli stili storici propri della seconda metà del XIX secolo, partecipa dello stile lombardesco e rinchiude in sé molto delle forme bizantine, come indicato dallo stesso Sforzi.
IL PATRIMONIO STORICO-ARTISTICO
Il grande affresco (1) del catino absidale su fondo dorato a mordente, in finto mosaico a reticella, richiama una forma di arte bizantina.
L’opera, eseguita nel 1854 dai pittori triestini Luigi Castro e Giuseppe Zucco secondo i suggerimenti di Pietro Kandler, rappresenta, per esplicita richiesta del Vescovo Bartolomeo Legat, la Madonna seduta in trono con il Bambino con angeli e i Santi Giacomo Apostolo e Servolo martire Triestino, mentre dall’alto una mano Le porge un serto d’alloro; alla base de dipinto è riportato il Salmo 99 Iubilate Deo omnis terra.
L’altare maggiore (2), costruito da Giovanni Antonio Dorigo su progetto dello Sforzi in biancone di Verona con rimesse di marmi scelti, aveva originariamente e fino al 1854 un singolare tabernacolo a doppio ordine, che conferiva al manufatto un aspetto monumentale e slanciato.
I tre altari laterali, progettati anch’essi dallo Sforzi, hanno ciascuno al di sopra della mensa un paliotto marmoreo con cinque nicchie per immagini di Santi.
Un altare settecentesco in marmo bianco di Carrara, dalle chiare e raffinate movenze barocche, proveniente da S. Maria Maggiore e donato nel 1854 da Giovanni Battista Silverio assieme alla Madonna del Buon Consiglio, era posto fino al 1954 nella prima nicchia della navata di sinistra; venne demolito per far posto al fonte battesimale e nel 2000 è stato integralmente ricostruito per assolvere alla funzione di custodia del Santissimo Sacramento nell’ambiente posto in fondo alla navata laterale di sinistra (11).
Dal vano retrostante la sacrestia, già adibito a battistero, vennero trasportate nel 1954 nella predetta nicchia, liberata dall’altare barocco, la vasca semiottagonale (8) eseguita su progetto dello Sforzi da Pietro Palese per conservare l’acqua battesimale e la relativa copertura in legno noce con rilievi intagliati da Giuseppe Moscotto; la vasca battesimale vera e propria, costruita dal Dorigo andò invece dispersa.
Il 6.12.1855 l’Arciduca Ferdinando Massimiliano donò per l’altare di S. Nicolò la grande pala (4) rappresentante S. Nicolò Vescovo che prega la Vergine, opera del pittore viennese Johann Till (1827-1894). Edoardo Heinrick (1819-1885) dipinse tra il 1855 e il 1856 per l’altare della Madonna la pala (6) del legato Persich con la Madonna tra S. Antonio di Padova e S. Vincenzo Ferrer. Per l’altare dedicato a S. Rocco il triestino Giovanni Polli eseguì nel 1856 la pala di S. Rocco (10). Per il suo altare il Silverio donò nel 1859 la pala di Cristo nell’orto (9), dipinta da Felice Schiavoni (1803-1881) e ora collocata sopra la porta laterale di sinistra.
– IMMAGINE DELLA PIANTA DELLA CHIESA –
Lungo le pareti della Chiesa si snodano le 14 stazioni della Via Crucis del triestino Giovanni Luigi Rose (1806-1884); dello stesso autore sono pure 14 dei 15 quadretti cn immagini di santi posti nelle piccole nicchie dei paliotti marmorei dei tre altari laterali e i due dipinti dello stendardo della Confraternita di S. Nicolò (5).
Il forlivese Pompeo Randi (1827-1880) dipinse a tempera tra il 1870 e il 1879 la Moltiplicazione dei pani e dei pesci (1) nel registro inferiore dell’abside, sei immagini di santi (1) sulle finestre cieche del presbiterio ed una S. Maria Maddalena (olio su tela, 1874) (7).
Sopra la porta della sacrestia si trova una curiosa Natività (3), probabile opera di un manierista veneto del XVII secolo con connessioni nordiche. Accanto alla porta maggiore abbiamo una tela del Seicento con i Santi Rocco e Sebastiano (6).
Sopra il fonte battesimale è custodita una preziosa tela settecentesca della Madonna della Salute (8), opera del pittore veneto Carlo Alvise Fabris (1746-1803) proveniente dalla cappella Rossetti. Nella Cappella del Santissimo Sacramento c’è l’Ultima Cena (11) dipinta da Th. Eisslot nel 1843.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
ALTARE MAGGIORE
In biancone di Verona con rimesse di marmi scelti su progetto di Giuseppe Sforzi, costruito da Giovanni Antonio Dorigo nel 1854.
Originariamente e fino al 1954 aveva un singolare tabernacolo a doppio ordine che gli conferiva un aspetto monumentale e slanciato. Sulla sommità c’era un tronetto ligneo.
– IMMAGINE ALTARE –
nel catino absidale:
Madonna in trono con Bambino tra due angeli e i Santi Giacomo e Servolo
Affresco su fondo dorato a mordente, in finto mosaico a reticella, dipinto da Luigi Castro e Giuseppe Zucco nel 1854. Nella fascia inferiore è riportato il salmo 99 Iubilate Deo omnis terra.
Rappresenta i tre titolari della Chiesa a ricordo della solenne Dedicazione del 25 luglio 1854. Dall’alto una mano porge alla Vergine un serto d’alloro.
Restaurato nel 2004.
nelle finestre cieche:
Bartolomeo Apostolo (?) – S. Giuseppe – S. Giusto Martire – S. Sergio Martire – S Stefano Protomartire (?) – S. Tommaso Apostolo (?)
Sei dipinti a tempera delle finestre cieche del presbiterio e dell’abside eseguiti da Pompeo Randi tra il 1870 e il 1879.
Restaurati nel 2004.
nel registro inferiore dell’abside:
Moltiplicazione dei pani e dei pesci
Tempera murale dipinta da Pompeo Randi tra il 1870 e il 1879.
Restaurata nel 2002.
Il Randi aveva eseguito altri dipinti parietali nel presbiterio, che sono andati distrutti.
Stalli del coro:
In legno di noce eseguiti nel XIX secolo.
Originariamente erano provvisti di postergali con lo stemma del Comune e fregi sulla sommità.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
sopra la porta della sacrestia:
Natività
Olio su tela di autore ignoto del XVI-XVII secolo.
L’opera potrebbe denunciare i modi della pittura fiamminga o borgognona del Cinquecento, ma alcuni studiosi sono più inclini a ritenerla produzione di un manierista veneto del Seicento con connessioni nordiche.
sulle pareti:
Via Crucis
Quattordici stazioni dipinte ad olio su tela da Giovanni Luigi Rose nel 1856.
L’opera è stata assegnata al Rose, conosciuto soprattutto per la gradevole e anche satirica pittura di genere, in base a puntuali riscontro stilistici con quella di S. Giovanni Decollato sicuramente eseguita dal Rose prima del 1858.
Sei confessionali e le panche della navata centrale
In legno di noce eseguiti dal maestro falegname Giacomo Chieu tra il 1854 e il 1855.
Le panche seguono il modello di quelle della Chiesa Cattedrale costruito in precedenza. Il Chieu aveva anche fabbricato il pulpito di legno intagliato, rimosso nel 1954.
in sacrestia:
Beata Vergine Maria della Salute
Busto in marmo bianco di Carrara dello scultore Francesco Bosa (1803-1870), da lui donato il 26 febbraio 1855.
Si trova in sacrestia sopra una mensola di pietra incassata in una delle pareti.
– IMMAGINE della MADONNA DI MARMO, in Sacrestia –
Armadio Biedermeier
In rimesse di legno noce eseguito assieme ad altri arredi della sacrestia tra il 1854 e il 1855.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
Altare di S. Nicolò
In biancone di Verona con rimesse di marmi scelti su progetto di Giuseppe Sforzi, costruito da Giovanni Antonio Dorigo nel 1854-1855. L’altare è provvisto al di sopra della mensa di un paliotto marmoreo con cinque nicchie per immagini di Santi.
San Nicolò Vescovo che prega la Beata Vergine Maria con il Bambino Gesù
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Johann Till tra il 1854 e il 1855.
La pala rappresenta S. Nicolò, patrono dei naviganti, nell’atto di pregare la Beata Vergine Maria per dei marinai che stanno naufragando in un mare tempestoso. La Madonna, con in braccio il Bambino, appare al centro di una stella tra uno squarcio delle nubi. Sulla destra è dipinta una nave con bandiera austriaca che veleggia sicura. Nella parte inferiore destra del dipinto c’è un’iscrizione dedicatoria in latino. Il grande quadro è stato donato dall’Arciduca Ferdinando Massimiliano, supremo comandante della flotta imperiale, nel 1855 e benedetto solennemente il 6 dicembre del medesimo anno. L’autore del dipinto, sconosciuto fino al 1980, è stato scoperto dopo puntuali indagini archivistiche. Il viennese Johann Till, allievo dell’Accademia di Vienna, è stato un importante esponente della corrente dei pittore Nazareni. Ai piedi della cornice è appoggiato lo stemma araldico degli Asburgo, mentre a sinistra dell’altare sopra un confessionale è fissata alla parete una lapide marmorea commemorativa in latino.
Paliotto marmoreo con cinque nicchie che accolgono altrettante immagini di santi
Olio su tela di Giovanni Luigi Rose, 1870.
da sinistra:
- Lorenzo Martire
- Luigi Gonzaga
- Carlo Borromeo
- Domenico
- Caterina d’Alessandria
sopra la porta:
Stendardo della Confraternita di S. Nicolò
Era composto da due tessuti in broccato di seta bianca e oro e di seta rossa e oro con applicati due dipinti ad olio su tela attribuiti a Giovanni Luigi Rose eseguiti nel 1865 che rappresentano rispettivamente
- Nicolò Vescovo patrono dei marinai
- Giuliano Martire patrono dei calafati
Il primo dipinto è una copia libera della pala di S. Nicolò di Johann Till. La data viene dedotta dallo Statuto della Confraternita del 5.10.1865.
Restaurato nel 1988, le due facce sono state staccate ed esposte separatamente.
davanti alla porta:
Croce appartenente alla comunità cattolica di lingua tedesca – Trieste (21.06.2015).
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
Altare alla Madonna
In biancone di Verona con rimesse di marmi scelti costruito da Giovanni Antonio Dorigo nel 1855, su progetto di Giuseppe Sforzi.
È l’altare del Legato Persich e presenta una maggiore varietà di marmi e un disegno più elaborato degli ornamenti rispetto agli altri altari laterali. Nel corso del 1855 l’argentiere triestino Sansone Schiff aveva fornito per l’altare sei candelieri e una lampada d’argento.
Madonna in trono con il Bambino Gesù tra i Santi Antonio di Padova e Vincenzo Ferrer
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Edoardo Heinrick tra il 1855 e il 1856.
Edoardo Heinrick, autore di diverse opere pittoriche del Castello di Miramar, ha riprodotto nella pala alcuni elementi architettonici propri della Chiesa di S. Giacomo, come le colonne ottagonali e gli archi.
al di sopra della mensa:
Paliotto marmoreo con cinque nicchie che accolgono quattro immagini di santi
Olio su tela di Giovanni Luigi Rose.
da sinistra:
1. S. Caterina da Siena (1880)
Dono dei Terziari Domenicani (1880).
2. S. Pietro Apostolo (1863)
Dono di Maria vedova Vizentini (1863).
3. S. Anna che educa la Madonna fanciulla (1870 ?)
4. S. Lucia
Firmata e datata Ferdinando Bastiancic, 1907.
5. S. Tommaso d’Aquino (1880)
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
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Nino e Mauro Franco
sopra l’ingresso, nella cantoria:
Organo
Strumento a trasmissione pneumatica progettato e fabbricato da Beniamino Zanin nel 1931. È diviso in due corpi con in mezzo la consolle. Le casse lignee risalgono alla seconda metà del XIX secolo e hanno ciascuna tre arcate che mettono in vista le canne di facciata e sono ornate con lesene e capitelli. Lo strumento, che sostituì l’organo originario di Giovanni Tonoli di Brescia, è stato restaurato nel 2003.
a destra dell’ingresso:
Santi Rocco e Sebastiano
Pala rettangolare dipinta ad olio su tela di autore ignoto del XVII secolo. L’autore potrebbe essere un pittore veneto.
a sinistra dell’ingresso:
S. Maria Maddalena
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Pompeo Randi nel 1874. Firmata e datata: P. Randi 1874.
Le Pile dell’acqua santa
In pietra del Carso levigata e sagomata, di forma semicircolare, risalgono al 1854.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
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Nino e Mauro Franco
Fonte battesimale
Vasca semiottagonale con piedistallo sagomato e con ornati in pietra del Carso dello scalpellino di Trieste Pietro Palese, coperta da uno stipo di noce con rilievi intagliati da Giuseppe Moscotto (1854-1855).
Nel 1954, dopo la demolizione dell’altare barocco donato da Giovanni Battista Silverio, ora ricomposto nella cappella del Santissimo Sacramento, la vasca, che serviva per conservare l’acqua battesimale, è stata spostata in questa nicchia dal vano già adibito a battistero, retrostante la sacrestia.
La coeva vasca battesimale vera e propria in marmo venato giallo, costruita da Giovanni Antonio Dorigo e posizionata al centro del vecchio battistero, andò dispersa.
sopra il fonte battesimale
Madonna della salute
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Carlo Alvise Fabris nella seconda metà del XVIII secolo.
La pregevolissima opera, proveniente dalla cappella Rossetti e donata da Pietro Kandler, rappresenta la Madonna con in braccio il Bambino che, implorata dalla Repubblica di Venezia nelle sembianze di una nobile ed elegante dama, caccia per mezzo di un angelo la peste rappresentata da una donna discinta e dall’aspetto demoniaco. Il restauro, eseguito nel 1982 ha riportato il dipinto al suo primitivo splendore, permettendo di scoprirne l’autore grazie alla lettura della sua firma posta in basso a destra.
sopra la porta laterale
Cristo nell’orto
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Felice Schiavoni tra il 1856 e il 1859.
La pala, eseguita a spese di Giovanni Battista Silverio e dei compatroni della Chiesa, il Comune di Trieste e l’i.r. Luogotenenza, venne collocata al di sopra dell’altare barocco donato dal Silverio. Dopo la demolizione dell’altare nel 1954 la pala venne trasferita nella posizione attuale. Nel 1836 lo Schiavoni aveva dipinto la pala della Purificazione della Vergine per la Chiesa di S. Antonio Taumaturgo
Olio su tela di Giovanni Luigi Rose.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
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Nino e Mauro Franco
Altare di S. Rocco
In biancone di Verona con rimesse di marmi scelti su progetto di Giuseppe Sforzi, costruito da Pietro Palese nel 1854-1855.
S. Rocco che prega per gli appestati
Pala centinata dipinta ad olio su tela da Giovanni Polli tra il 1855 e il 1856.
L’intitolazione dell’altare e la relativa pala vogliono ricordare l’antica cappella della Famiglia Giuliani già esistente in zona e dedicata ai Santi Giacomo e Rocco. Nel passato S. Rocco veniva invocato contro la peste e il colera e quando nel luglio 1855 fu istituita la Parrocchia di S. Giacomo a Trieste stava infuriando una gravissima epidemia di colera.
al di sopra della mensa:
Paliotto marmoreo con cinque nicchie che accolgono immagini di santi
Olio su tela di Giovanni Luigi Rose, 1870.
da sinistra:
S. Francesco d’Assisi
Firmato e datato: Rose 1870.
S. Giovanni Battista
S. Giuseppe con in braccio il Bambino Gesù
Firmato: Rose.
Angelo custode con un bambino
Firmato e datato: Rose 1870.
S. Teresa d’Avila
Firmato: Rose.
Le piccole pale dei paliotti marmorei degli altari laterali furono tolte dalle loro nicchie tra il 1954 e il 1955 e quando nel 1980 venne rinvenuta la firma del Rose su alcune di esse si decise di restaurarle e i ricollocarle. La ricollocazione non presentò alcun problema soltanto per l’altare di S. Rocco, costruito dal Palese, perché essendo le sue nicchie di dimensioni minori rispetto a quelle degli altri due altari, costruiti dal Dorigo, l’individuazione dei dipinti da inserire nel loro sito originario fu relativamente semplice.
Per gli altri altari questa operazione fu leggermente più complessa anche perché erano andati dispersi sicuramente due quadretti del Rose rappresentanti S. Antonio e S. Mattia, sostituiti da due del Bastiancic, e forse un terzo e si dovevano sistemare le piccole pale di S. Caterina da Siena e di S. Tommaso d’Aquino che il Rose aveva dipinto ne 1880 per l’altare barocco, demolito nel 1954.
Tutte le opere pittoriche presenti in Chiesa e nella cappella sono state restaurate dal 1980 al 2004.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
Cappella del Santissimo Sacramento
Progetto di ripristino e restauro: arch. Fabiana Pieri, 2000.
Altare del Santissimo Sacramento
In marmo bianco di Carrara del XVIII secolo.
L’altare, dalle chiare e raffinate movenze barocche, proveniente da S. Maria Maggiore, fu donato alla Chiesa di S. Giacomo nel 1854 da Giovanni Battista Silverio e collocato nella prima nicchia a sinistra dell’ingresso principale. Venne demolito nel 1954 per far posto al fonte battesimale e ricostruito, dopo aver subito manomissioni e rimozioni di alcuni elementi della sua architettura, nel vano parallelo alla sacrestia situato in fondo alla navata sinistra. Dopo quasi quindici anni fu nuovamente demolito. A completamento dei recenti lavori di ristrutturazione, l’altare fu ricostruito in questo ambiente nelle sue forme originarie grazie ad un attento e complesso procedimento di restauro e svolge l’importante funzione di custodia eucaristica.
Madonna del Buon Consiglio
Tela centinata dipinta ad olio da autore ignoto probabilmente agli inizi del XIX secolo.
Il quadro, originariamente denominato B.V. delle Grazie, venne donato nel 1854 da Giovanni Battista Silverio assieme al suo altare.
Lampada votiva
Argento di produzione milanese del 1855.
Vene donata da Giovanni Battista Silverio per essere posizionata davanti al suo altare.
È stata appesa ad un imponente braccio in ferro battuto di produzione triestina, che fino al 1954 era sistemato nel presbiterio.
Della stessa donazione faceva parte anche un fastoso messale e un calice in argento, dall’esuberante ornamentazione, accompagnato dalla patena ed eseguito anch’esso in area milanese.
Crocifisso
In legno dipinto e in parte dorato, eseguito probabilmente nel primo quarto del XIX secolo in ambito culturale veneto.
parete di destra
Ultima Cena
Tela rettangolare dipinta ad olio da Th. Eisslot nel 1843.
Il dipinto è firmato e datato e ha una sontuosa cornice in legno dorato.
esternamente, sopra la porta
Lampada
In argento, prodotta dall’argentiere triestino Sansone Schiff nel 1855.
La lampada, assieme ai sei candelieri, era destinata a far parte dell’arredo liturgico dell’altare della Madonna, costruito grazie al Legato Persich, è appesa ad un braccio in ferro battuto di produzione triestina.
Realizzato con il contributo di:
Camera di Commercio Industria Artigianato ed Agricoltura di Trieste
Regione Friuli-Venezia Giulia – Assessorato alla Cultura
Nino e Mauro Franco
Adeguamento liturgico del presbiterio
della Chiesa di S. Giacomo Apostolo secondo la riforma del Concilio Vaticano II
Il progetto di ristrutturazione del presbiterio della chiesa di San Giacomo è frutto dell’arch. Giuseppe Franca in occasione del 150° anniversario della consacrazione della chiesa (25 luglio 2004).
La linea guida nella sistemazione è stata la volontà di ridurre al minimo le manomissioni dello stato di fatto allora in essere, prevedendo il lievo della balaustra, peraltro già spostata dalla posizione originaria, e l’ampliamento del presbiterio avendo cura di spostare la relativa gradonata verso l’aula, raccordando in curva i gradoni fuoriuscenti dall’arco trionfale e lasciando traccia del limite della pavimentazione originaria con l’inserimento, a raso, di una lamina di ottone. Sono stati anche previsti, sovrapposti alla gradonata e disposti simmetricamente, ai lati della stessa, due avancorpi, il primo per l’ambone ed il secondo per la collocazione di statue o altri oggetti di culto esposti alla venerazione dei fedeli a carattere occasionale o temporaneo. Si è ritenuto di trattare tali manufatti, eseguiti in marmo lucidato e/o bocciardato, con un disegno moderno, allo scopo di evidenziare il loro carattere di elementi stilisticamente differenziati dal contesto, ma integrati e colloquianti con esso.
Nell’arredo bronzeo dell’altare, ambone e sede si è inteso celebrare le grandi opere del Signore attraverso la rappresentazione iconica di alcuni episodi neotestamentari, significativi per la storia della salvezza inaugurata da Cristo o in cui sia particolarmente rilevata la presenza dell’apostolo Giacomo.
L’ambone (alto m 1,28) nasce e si appoggia al gruppo di Maria e dell’arcangelo Gabriele, dal cui incontro prende avvio la redenzione del genere umano secondo il racconto di Luca (1,26-38).
La grande mensa d’altare (m 0,91 x 3,13 x 0,95), punto focale verso cui convergono le linee prospettiche dell’edificio, ricorda sulla fronte tre episodi del Vangelo di Marco in cui è particolarmente rilevata la presenza di Giacomo, assieme a Pietro e a Giovanni, accanto al Maestro. Al centro di una superficie scabra e petrigna è ambientata la Trasfigurazione di Gesù (Mc 9,2-9), a sinistra vediamo Gesù che risuscita la figlia di Giairo (Mc 5,22-24; 35-43) e a destra Gesù nel Getsemani (Mc 14,32-42): sono episodi, questi, che hanno appunto Pietro, Giacomo e Giovanni come testimoni privilegiati scelti dal Maestro.
Il fianco sinistro è animato dal gruppo delle donne al seguito di Gesù, mentre sul fianco destro è rappresentata la santa Gerusalemme come città sul monte, prefigurazione della Chiesa.
La sede presbiterale, disegnata con forme essenziali ispirate al romanico, ricorda sul fianco sinistro Cristo, buon pastore (Gv 10,11) e sul fianco destro il Mandato del Risorto agli Undici (Mt 28,16-20) con chiara allusione al ministero del pastore, cui spetta il compito di insegnare e di guidare la comunità.
Il mistero della Chiesa che continua nel tempo l’opera di Cristo è evocato dalle figure dei principi degli apostoli, Pietro e Paolo, e dai patroni triestini, Giusto e Sergio, caratterizzati dai loro attributi tradizionali, statuariamente collocati sulle basi di due alti candelieri (m 1,04).
Le opere bronzee sono di Mario Rudelli. Nato a Cinisello Balsamo (MI) il 1 novembre 1938. Ha studiato scultura all’Accademia di Brera: suoi maestro Francesco Messina ed Enrico Manfrini. È stato titolare del corso di marmo a Brera. Vive e lavora a Milano. Con la sua arte a servizio della liturgia è presente nella Cappella privata del Papa in Vaticano, nel Duomo di Milano, nella Cattedrale di S. Mary a S. Francisco e nei presbiteri del Duomo di Torino, Cremona, Pinerolo (altare, cattedra e ambone in marmo) e Treviso. La sua arte è entrata nella Collezione d’arte religiosa contemporanea del Vaticano, in quella di Villa Clerici a Milano-Niguarda ed a Brescia Arte e Spiritualità.